martedì 28 ottobre 2008

Famiglia e lavoro

Riporto integralmente questo post tratto da un blog che visito spesso, soprattutto quando ho bisogno di un’iniezione di buon umore, in cui si narrano le gesta di una mamma alle prese con figli e lavoro. Normalmente vi trovo spassosi riferimenti alla mia stessa vita, ma questa volta non ho riso…


NON PASSA GIORNO

C. è un'elasti-amica*. ha una bambina e ne aspetta un'altra che arriverà a febbraio. lavora da anni in una società importante, con migliaia di dipendenti.
C. è brillante, spiritosa, intelligente e coraggiosa. è partita da un piccolo paese tra le montagne alla conquista del mondo, tanto tempo fa.
C. ed elasti-girl* hanno pranzato insieme.
"in ufficio non passa giorno che non mi dicano 'contavamo tanto su te, poi però...'", dice C con gli occhi tristi.
"non passa giorno che non mi guardino il pancione scuotendo la testa, non passa giorno che non mi facciano notare la loro delusione", prosegue C.
"non passa giorno che non mi tolgano un pezzettino del mio lavoro, non passa giorno che non mi facciano sentire esclusa, non passa giorno che non mi ricordino la brillante carriera che avrei fatto se solo non avessi avuto la balzana idea di un secondo figlio".
"non passa giorno che non mi senta fuori posto, che non mi senta in colpa, che non mi senta una traditrice".

* ricordate la famiglia degli ‘Incredibili’ super eroi della Pixar ?

Da
www.nonsolomamma.com

Mi piacerebbe aprire un dibattito su questo tema aperto a tutte le mamme lavoratrici che mi leggono:

Avete o state vivendo la stessa esperienza di C.? Cosa dovrebbero fare imprese e istituzioni per rendere meno precario l’equilibrio di una mamma lavoratrice? E soprattutto, cosa dovremmo fare tutti per far sentire le mamme meno sole e discriminate?
Cosa c'è di tanto sbagliato in questa nostra società da indurre una donna a pensare di essersi macchiata di una grave colpa per aver scelto di accettare il dono di una nuova vita?

Attendo i vostri commenti.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao, ho visto il tuo nome sul blog di liquida e ho dato un occhio. Mi ha fatto sorridere il fatto che ci sia un'altra "me" nella blogsfera.
Io ho avuto la stessa sensazione della tua amica, ho due figli e il secondo mi è costato molto in termini lavorativi. Ho dovuto fare delle scelte ben precise, precludendomi ogni possibilità di carriera. Non sono né amareggiata né scontenta, il mio lavoro lo so fare bene e nel mio campo sono tra quelle che nel mio ente ne sa di più. Però ho dovuto fare i conti con la mancanza di tempo, si perché un secondo figlio è come tornare indietro, ma con il valore aggiunto dell'altro che hai già. Quindi, d'accordo con mio marito, ho chiesto una riduzione di orario, e anche questo non ha giocato a mio favore. Alla fine io me la sono vissuta molto serenamente, cosciente che la cosa più grande e importante che ho la trovo a casa e che il lavoro è lavoro e basta. Mi sento fortunata a poterla pensare così.

Marta B. ha detto...

Grazie per aver postato un tuo commento, Marta.
Sono felice che un'altra mamma abbia trovato un punto d'equilibrio sul ripido spartiacque tra lavoro e famiglia. Ma per una che ce la fa, troppe ancora sono le aspettative deluse e sogno il giorno in cui nessuna donna più sarà costretta ad accettare rassegnata che il lavoro sia cosa 'altra' rispetto alla propria vita, un prezzo da pagare per concedersi il lusso della felicità.
Un bacione ai tuoi bimbi.