Se siete intossicati per aver seguito scrupolosamente una mezza dozzina di improbabili ricette per la felicità, se ne avete abbastanza dei dissennati consigli di guru e sessuologi, tecnocrati e maestri di vita, delle prediche sull’essere anziché l’avere e sulla pace interiore, questo libro fa per voi. Egualmente, non potrete che apprezzare questa "modesta proposta" per apprendere a rendersi infelici, se ritenete che il semaforo diventi rosso proprio per voi; se l’assiduo esercizio del sospetto ha finito per plasmare il vostro intuito; se dite spesso: "L’avevo detto io..."; se provate un fremito (d’inconfessabile gioia? d’ira?) quando vi si rivolge la paradossale e paralizzante esortazione: "Sii spontaneo!"... Per aggredire, in un impeto di filantropia, un’aspirazione tanto funesta, un concetto così incistato nella nostra tradizione - la felicità -, Watzlawick mobilita tutti gli espedienti argomentativi, tutti i mezzi, dall’intelligenza critica allo humor nero, mettendoci di fronte uno specchio ironico, tenendo viva una costante tensione tra il divertimento e il disagio di riconoscerci, ma non privandoci del piacere d’interpretare il messaggio: come rendersi felicemente infelici? come evitare di procurarsi infelicità di troppo? o altro? (Note di copertina)
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In questi tempi di crisi i musi lunghi intorno a noi sembrano invitarci ad adeguare l'umore al contesto, quasi fosse di cattivo gusto mostrarsi troppo allegri...Questo pensiero mi ha dunque ispirato l'acquisto di un libro dal titolo quanto mai provocatorio: Istruzioni per rendersi infelici. Ve lo suggerisco caldamente.
E' vero: noi umani amiamo pensare che l’infelicità sia (sempre e solo) fuori di noi, una variabile esogena insomma... una condizione ineluttabile che ci travolge e da cui cerchiamo vanamente di fuggire per tutta la vita.
Eppure la felicità è uno stato mentale che ci appartiene proprio in quanto essere umani: è una qualità insita nella libertà e nella consapevolezza di sé di tutti gli esseri senzienti. Perché la felicità è prima di tutto una scelta – siamo infatti liberi di reagire agli eventi sfavorevoli senza lasciarci soffocare da essi, separando ‘ciò che succede’ nella vita, da ‘ciò che siamo’ – ed è quindi consapevolezza della nostra natura, che ci sovviene quando dimentichiamo di voler soffrire, quando smettiamo di ricercare ossessivamente le ragioni per cui 'dobbiamo' essere infelici.
Vale la pena di riportare in proposito la conclusione del libro, che cita Dostoevskij:
“Tutto è buono ….Tutto. L’uomo è infelice perché non sa di essere felice. Soltanto per questo. Questo è tutto, tutto! Chi lo comprende sarà subito felice, immediatamente, nello stesso istante…”
Ve la lascio come riflessione della sera…
1 commento:
Confesso di averlo in libreria, acquistato dopo un corso di Silvio Lenares sulle mappe mentali. Ne avevo letto poche pagine e, cosa non mi accade praticamente mai, il libro è andato in oblio ... mi hai dato un'ottima "scusa per recuperarlo ..."!
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