Il parcheggio di Human Farm è uno spazio verde e pulito in mezzo a campi curati. Ci accoglie con allegri motivetti natalizi mentre tentiamo di orientarci tra diverse cascine fatte magistralmente ristrutturare da Riccardo Donadon, il fondatore di questa comunità di pratica nata per incubare idee innovative nel campo delle nuove tecnologie digitali. Gli ambienti sono caldi di colori e materiali in una cornice di essenzialità quasi zen, ma ricchi di luce e di panorami che arrivano fino a cogliere la ‘skyline’ della laguna veneziana. Degli ambienti mi affascina tutto: la cassetta di mele messa a disposizione dello staff in sala ristoro (un vero silos riqualificato), le scatole di legno per la raccolta differenziata, i grandi cartelli con importanti citazioni in sala mensa, i tavoli nell’area relax del giardino, l’erba curatissima e poi naturalmente le persone.
I volti che incontriamo ci sorridono e lo staff che ci introduce ai progetti, in corso nelle diverse aziende che fanno parte dell’incubatrice, comunica subito passione e un forte senso di identità. Il clima è rilassato e gli uffici piacevolmente disordinati: il tanto che basta quando si lavora sul serio!
Riccardo è calmo e composto, indossa abiti in perfetto stile casual, come del resto tutti i suoi collaboratori. Racconta con semplicità i suoi progetti, i successi e i tanti sogni, quasi si stupisca che qualcuno li abbia trovati tanto interessanti da voler conoscere lui e visitare la sua azienda.
Nelle sue parole si legge passione, amore e rispetto per le persone con cui lavora e per il territorio che lo ospita. E’ una persona cui piace fare e farsi carico di…. In breve, è un imprenditore che fa bene il suo mestiere; sicuramente un esempio eccellente, anche e soprattutto per me che mi occupo di sviluppo e formazione nell’azienda in cui opero.
Poco distante e nella stessa giornata visitiamo un’altra azienda, un marchio conosciuto nel proprio settore. Ci accoglie una signora appariscente dai modi bruschi che ci lascia in attesa in un angusto ufficio saturo di mobili e luce al neon. Poco dopo veniamo dirottati all’area produttiva: un capannone freddo e cupo in cui pochi operai si muovono silenziosi e guardinghi in presenza del ‘padrone’, avaro di cordialità, ma vestito in maniera ricercata. L’uomo parla con voce sicura, indirizzando aspri comandi a quello che sembra essere un capo-turno e comunicando l’impressione generale di sentirsi perfettamente a suo agio in quell’hangar dall’atmosfera post atomica. Mira chiaramente a stupirci mettendo subito in chiaro la sua appartenenza ad un ristretta cerchia di imprenditori ‘arrivati’: avrà dunque dato per scontato che gli si sia voluto tributar visita e riconoscimento? Allora penso che, ‘sulla carta’, anche lui è un imprenditore e all’improvviso sento tutto il freddo dell’inverno penetrarmi nelle ossa…
I volti che incontriamo ci sorridono e lo staff che ci introduce ai progetti, in corso nelle diverse aziende che fanno parte dell’incubatrice, comunica subito passione e un forte senso di identità. Il clima è rilassato e gli uffici piacevolmente disordinati: il tanto che basta quando si lavora sul serio!
Riccardo è calmo e composto, indossa abiti in perfetto stile casual, come del resto tutti i suoi collaboratori. Racconta con semplicità i suoi progetti, i successi e i tanti sogni, quasi si stupisca che qualcuno li abbia trovati tanto interessanti da voler conoscere lui e visitare la sua azienda.
Nelle sue parole si legge passione, amore e rispetto per le persone con cui lavora e per il territorio che lo ospita. E’ una persona cui piace fare e farsi carico di…. In breve, è un imprenditore che fa bene il suo mestiere; sicuramente un esempio eccellente, anche e soprattutto per me che mi occupo di sviluppo e formazione nell’azienda in cui opero.
Poco distante e nella stessa giornata visitiamo un’altra azienda, un marchio conosciuto nel proprio settore. Ci accoglie una signora appariscente dai modi bruschi che ci lascia in attesa in un angusto ufficio saturo di mobili e luce al neon. Poco dopo veniamo dirottati all’area produttiva: un capannone freddo e cupo in cui pochi operai si muovono silenziosi e guardinghi in presenza del ‘padrone’, avaro di cordialità, ma vestito in maniera ricercata. L’uomo parla con voce sicura, indirizzando aspri comandi a quello che sembra essere un capo-turno e comunicando l’impressione generale di sentirsi perfettamente a suo agio in quell’hangar dall’atmosfera post atomica. Mira chiaramente a stupirci mettendo subito in chiaro la sua appartenenza ad un ristretta cerchia di imprenditori ‘arrivati’: avrà dunque dato per scontato che gli si sia voluto tributar visita e riconoscimento? Allora penso che, ‘sulla carta’, anche lui è un imprenditore e all’improvviso sento tutto il freddo dell’inverno penetrarmi nelle ossa…
BUON NATALE A TUTTI
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