martedì 26 febbraio 2008

Come si riconosce il Talento?

Siamo davvero certi che il talento sia prerogativa tanto rara come si dice; oppure è una qualità, nascosta ai più, che però tutti possediamo? E se dunque ipotizziamo che ciascuno abbia almeno un talento da spendere in azienda, in che ruolo è necessario che l'HRM si ponga? Mi pare che la sua missione diventi allora non tanto dissimile da quella dell'Educatore che scopre e mette in luce l'uomo in potenza liberandone la forza creativa. Certo una bella responsabilità e cosa sicuramente non facile....

5 commenti:

Anonimo ha detto...

come sono d'accordo. certo che è un bella responsabilità! ma penso che sia l'unica strada per generare valore vero. il talento ce l'hanno tutti, o quasi. prima di non rinnovare uno dei consueti contratti a tempo o a progetto, perché le aziende non provano a capire dove sta e se si può far emergere il talento del collaboratore? mi piace questo blog. complimenti! anch'io ne ho uno che parla di lavoro. è su style e si chiama lavorincorsa.

Anonimo ha detto...

Anch'io trovo molto interessante questo blog, ci sono molti spunti interessanti. Che cos'è il talento, non è facile da definire, io penso che ognuno di noi ne abbia più di uno, ma non è facile capire in quale ambito possono trovare maggiore espressione, spesso il talento resta un potenziale non realizzato. Ad esempio io sto vivendo un momento molto difficile, ho 25 anni, studio giurisprudenza da 3 anni ma non mi sento soddisfatta, sento che questi studi non mi corrispondono più, ho perso la motivazione e la voglia di studiare, ho la sensazione che sia una fatica inutile, e non so come uscirne, se tentare ugualmente di portare a termine gli studi oppure abbandonare il campo e iniziare a lavorare. Forse non ho ascoltato la voce interiore dei miei talenti, e ora ho la sensazione di non averne più nessuno. Lei mi sembra una persona molto appassionata, come ha capito di avere talento in un determinato settore? Io non riesco a trovare ancora la mia strada, sarebbe splendido per me avere un suo consiglio, visto che si occupa di risorse umane e dai suoi post traspare una grande sensibilità ed umanità.



Il mio blog è www.korallina.splinder.com,
la mia e-mail è veronicaaaaa@hotmail.it

Anonimo ha detto...

Rispondo a Veronica:

Credo che il Talento sia un po' come uno di quei Virus che restano latenti per anni in un organismo e in particolari circostanze, in cui il sistema immunitario si distrae, si moltiplica ed emerge. L'idea che nel tempo costruiamo di noi stessi e delle nostre capacità, idea che non formiamo autonomamente, ma sotto l'influsso dell'ambiente in cui viviamo e che condizione la nostra auto-percezione, costituisce il nostro sistema immunitario. A volte questa costruzione mentale del Sè viene meno: sono i momenti in cui ci assalgono i dubbi, diventiamo irrequieti, 'andiamo dove ci porta il cuore' ed ecco allora emergere forte un'intuizione, il desiderio di percorrere strade nuove. Non sempre questo è però sintomo di un Talento risvegliato - dobbiamo metterci alla prova e cercare un nesso tra le cose che sembrano più delle altre risvegliare la nostra attenzione, trovare un disegno coerente nella nostra intuizione....
Per illustrare meglio il mio pensiero ti porterò la mia personale esperienza.
Da ragazzina ho sempre pensato che un giorno avrei fatto l'insegnante. Nella mia famiglia ci sono sempre stati, a memoria nostra, almeno un paio di insegnanti a generazione. Quasi tutti loro hanno fatto molti sacrifici per un tozzo di pane e nella mia giovinezza spesso mi si ripeteva: 'almeno tu vedi di fare qualcos'altro di più 'costruttivo''. Alla fine del Liceo Classico avrei volentieri studiato filosofia e poi psicologia, ma una voce dentro di me (quella della ragionevolezza, mi dicevo), mi ha spinto a studiare Economia e Commercio con l'intenzione di diventare una Marketer...ci ho provato e con discreti risultati, ma alla fine ha vinto quel Virus latente cui non avevo mai avuto il coraggio di dar voce. E' vero, oggi non sono un'insegnante e neppure psicologa o filosofa, ma come HR Manager e Counselor, sono un po' di tutte queste cose insieme...e sono felice. Il Talento ha vinto, infine ed è lui che ha trovato la sua strada...io mi sono solo arresa.
Non mi sento di consigliarti di abbandonare i tuoi studi di Giurisprudenza ad un passo dalla conclusione. Giurisprudenza è una bella laurea che apre tanti spiragli; potrai in seguito proseguire su strade anche molto distanti da lì, perchè quello che conta è la 'forma mentis' che ti lascia quel tipo di studi. Mentre prosegui, guarda invece al mondo cercando segnali di quello che veramente ti interessa e affascina - quello per cui perderesti le notti a studiare - poi accertati però che la tua Passione sia anche vero Talento e cioè che quello che più ti piace fare sia riconosciuto e apprezzato dagli altri. (Pupi Avati avrebbe voluto fare il musicista Jazz, che era la sua grande Passione, mentre considerava un mero Hobby la sua attività di regia Cinematografica, che costituisce però il suo vero Talento. Per fortuna se ne è accorto e ha fatto la scelta giusta!)

Anonimo ha detto...

Ho visto il sito della tua azienda e mi sembra molto interessante, si evince l'attenzione positiva alla persona. Noi lavoriamo da tempo ponendo al centro la persona e questo ci ha sempre dato la forza e l'entuasmo per continuare anche nei momenti più difficili.
Avresti voglia di raccontarmi un po' della tua realtà e dei successi che maggiormente ti hanno dato la carica giusta e che poi si è anche rivelata vincente?
E' vero che l'essere "fuori" dai grandi centri economici aiuta?
Riuscite altresì ad attrarre le migliori professionalità per il vostro bisogno?
Grazie e a presto
ciao Lorena

Marta B. ha detto...

Rispondo a Lorena:

Nel raccontarti un po’ il mio lavoro, parto dalla domanda che più ha stuzzicato il mio interesse: ‘ E’ vero che l’essere “fuori” dai grandi centri economici aiuta?’. Credo che prima di tutto si debba qualificare il “fuori” di cui si parla. Nel caso della mia azienda, penso che la sua collocazione geografica sia ottimale: nelle vicinanze di Malpensa, sulla direttrice Torino-Milano, a 60Km da Milano, non lontano da Varese, in una zona turistica ricca di attrattive e servizi. Nel nostro caso essere ‘fuori’ ci consente una migliore qualità della vita e della salute e forse anche una maggiore visibilità e riconoscibilità sul territorio. Dubito però che in altre aree geografiche la lontananza dai principali centri economici possa portare vantaggi, mi riferisco in particolare al Centro-Sud, soprattutto per alcuni settori d’Impresa.

Per quanto riguarda la nostra capacità di attrarre professionalità qualificate, posso dire che nel tempo e con l’impegno a costruire una credibilità riconosciuta, siamo riusciti a costruire una buona squadra che ha richiamato talenti provenienti da lontano, oggi trasferitisi in pianta stabile qui sul lago Maggiore. Tuttavia, quasi quotidianamente avvertiamo un pericoloso scollamento tra le esigenze del Mercato e le professionalità disponibili, come se il tessuto formativo tradizionale della scuola e delle Università perseguisse strade proprie. Mi riferisco in particolare al progressivo impoverimento delle competenze manuali. Ricevo quotidianamente decine di curricula di giovani specializzati nelle più disparate discipline (sfido chiunque ad orientarsi agilmente in mezzo alla proliferazione di nuovi titoli universitari!). E’ stata declinata in mille modi ogni sorta di competenza intellettuale per costruire eserciti di impiegati e managers…ma dove sono finiti gli attrezzisti, i tornitori e tutti gli altri professionisti…quelli che le cose le creano dalla Materia?

Mi chiedi poi di quei successi che mi hanno dato la carica giusta. Sarà che io sono ‘carica’ di natura, ma ho la fortuna di trovare un successo, personale o collettivo, dietro l’angolo di ogni giornata. Ho i miei successi preferiti, però, quelli di giovani entusiasti per il proprio lavoro, quelli di persone in difficoltà che incontrano la solidarietà dei colleghi, quelli di persone chiuse che imparano ad aprirsi al confronto con i colleghi, quelli di progetti di formazione ben condotti che ‘lasciano il segno’, di un conflitto in meno, dei tanti sorrisi spontanei che incontrano il pubblico. Di ogni nuovo bambino che nasce, senza causare nella madre sensi di colpa. Sempre, quando mi accorgo di volere veramente bene alla gente che lavora con me…Tutto questo è il frutto di un lavoro sottile e costante. Faticoso e gioioso insieme, ma che purtroppo viene spesso sottovalutato: il lavoro di chi si sente principalmente un educatore, nel senso etimologico del termine e vede in ogni collega una gemma preziosa da far brillare. Non sempre ci si riesce, beninteso, ma a mio parere non c’è altra via che il continuare a tentarci.

Buon lavoro e, spero, a presto.
Marta